Il lavoratore che rivendichi il diritto a passare al cessionario per effetto della cessione di azienda o di ramo non deve osservare alcun termine di decadenza per proporre la propria domanda

24 aprile 2019

Con la l. 183 del 2010, il legislatore ha assoggettato il licenziamento e una serie di ulteriori atti datoriali di gestione del rapporto di lavoro ad un doppio regime di impugnazione a pena di decadenza: impugnazione stragiudiziale entro 60 gg dalla notifica dell’atto e radicamento della causa in giudizio entro i successivi 180 gg. Il lavoratore che non rispetti detti termini non potrà più mettere in discussione il provvedimento subito. Lo scopo era quello di accelerare i tempi di avvio delle vertenza, oltre che diminuire il contenzioso, al fine di garantire maggiore certezza dei rapporti giuridici tra le parti e limitare il pregiudizio economico a carico dei datori di lavoro conseguente alle eventuali decisioni giudiziali di accoglimento delle istanze dei lavoratori.

L'art. 32, comma 4, lett. c) della legge sopra richiamata stabilisce che il termine di decadenza dei 60 gg (ed il successivo dei 180 gg) si applica anche "alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell'art. 2112 cc", con decorrenza dalla data del trasferimento. Come noto, in base all'ultima norma citata, il rapporto di lavoro prosegue con chi acquisti o affitti l'azienda (cessionario), alle stesse condizioni già garantite presso il datore di lavoro cedente. Si tratta di una tutela fondamentale al fine di impedire che la continuità del rapporto di lavoro o i diritti del lavoratore siano pregiudicati da vicende societarie, rispetto alle quali però l'attività produttiva prosegue invariata.

La norma, invero, non precisa se la fattispecie soggetta ad impugnazione riguardi solo l’ipotesi in cui il lavoratore contesti la legittimità della cessione del suo contratto ex art. 2112 cc o anche quella opposta, in cui rivendichi gli effetti della norma ultima citata aspirando a passare alle dipendenze della azienda cessionaria. Si tratta di casi che si verificano spesso nella pratica, principalmente quando le scelte di acquisizione o cessione sono compiute in modo non limpido, ad esempio sono dissimulate per aggirare il diritto alla continuità del rapporto o poste in essere in modo strumentale per "liberarsi" di una parte della forza lavoro, magari facendola passare ad un cessionario che non presenta le stesse garanzie di stabilità finanziaria.

La sentenza n. 9469/2019 della Suprema Corte che qui si annota si pronuncia in merito a tale questione.

Il caso posto all’attenzione della Cassazione è proprio quello di una lavoratrice che, dopo il trasferimento d'azienda fra l’originaria datrice di lavoro e un’altra società, aveva atteso quasi due anni prima di formulare domanda di accertamento del trasferimento del proprio rapporto di lavoro in capo alla cessionaria.

Secondo la Corte di Appello, la lavoratrice era ormai incorsa nella decadenza di cui all’art. 32 della legge citata, estensibile a tutte le ipotesi in cui si verifichi un trasferimento d'azienda, a prescindere dal fatto che la domanda sia volta al mantenimento del rapporto di lavoro con il cedente o al suo passaggio al cessionario.

Di contrario avviso, invece, la Suprema Corte. Con la sentenza in commento, dopo aver rilevato che la cessione dei contratti di lavoro nell'ipotesi di trasferimento di azienda avviene automaticamente ex art. 2112 cc, la Cassazione ha chiarito che non vi è alcun onere per il lavoratore di far valere formalmente nei confronti del cessionario l'avvenuta prosecuzione del suo rapporto di lavoro con quest'ultimo, essendo tale prosecuzione già avvenuta ope legis.

Conseguentemente, solo il lavoratore che intenda contestare la cessione del suo contratto di lavoro ex art. 2112 cc deve far valere tale impugnazione nel termine di cui all'art. 32, comma 4 lett. c).

La sentenza della Corte si pone nel solco di una propria precedente pronuncia del 2017 che, collocandosi in una prospettiva europea, aveva evidenziato come, per effetto della Direttiva 23/2001/CE sulla tutela dei lavoratori coinvolti in operazioni di trasferimento di azienda, non fosse in alcun modo derogabile la regola dell'automaticità del passaggio dei lavoratori da cedente a cessionario, costituendo la medesima regola. Tale passaggio, peraltro, è “automatico” in quanto la fattispecie costituisce una delle ipotesi legali di successione ex lege nei rapporti contrattuali, con il che neppure necessita, come noto, del consenso da parte dei lavoratori (contraenti ceduti), costituendo una fondamentale garanzia del diritto dei lavoratori a mantenere il posto di lavoro.

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