LA CASSAZIONE RIBADISCE LA NECESSARIA SPECIFICITA’ DELLA CONTESTAZIONE DISCIPLINARE

04 luglio 2017

La contestazione al lavoratore di un fatto disciplinarmente rilevante, che apre il procedimento per l’irrogazione di eventuali sanzioni, deve essere dotata, tra gli altri, del carattere della specificità: essa deve, infatti, fornire le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque comportamenti in violazione dei doveri di cui agli artt. 2104 e 2105 c.c. A ribadire il suddetto orientamento è la Cassazione con sentenza n. 10154 del 21 aprile 2017.

Come noto, il datore di lavoro che viene a conoscenza di un fatto che può integrare un’ipotesi di infrazione disciplinare deve, anzitutto, contestare l’addebito al lavoratore.

La contestazione, anche se il lavoratore è venuto in altro modo a conoscenza dell’addebito, è sempre necessaria affinché la successiva sanzione possa dirsi valida e, pur non richiedendo particolari formalità se non la forma scritta, deve manifestare in modo non equivoco l’intenzione del datore di lavoro di considerare le circostanze addebitate come disciplinarmente rilevanti.

I requisiti fondamentali di una contestazione disciplinare - la cui violazione vizia il procedimento disciplinare determinando la nullità del provvedimento sanzionatorio irrogato - sono stati individuati dalla dottrina e dalla giurisprudenza, nella specificità, immediatezza ed immutabilità.

Detti requisiti, come ha più volte avuto modo di chiarire anche la Suprema Corte (tra le tante Cass. 2/11/2016 22127, Cass. 12/5/2015 n. 9615, Cass. 15/5/2014 n. 10662), sono volti a garantire il diritto di difesa del lavoratore incolpato, diritto che sarebbe compromesso qualora si consentisse al datore di lavoro di intimare una sanzione in relazione a condotte rispetto alle quali il dipendente non è stato messo in condizione di discolparsi perché non adeguatamente definite nelle loro modalità essenziali ed essere così esattamente individuabili (principio di specificità) oppure perché non tempestivamente contestate (principio di immediatezza) oppure ancora perché diverse dalle condotte oggetto della iniziale contestazione (principio di immutabilità).

Per quanto riguarda il requisito della specificità, in particolare, la contestazione disciplinare deve fornire le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro ha ravvisato infrazioni disciplinari di modo che non risulti incertezza circa l’ambito delle questioni sulle quali il lavoratore è chiamato a difendersi.

A tal fine, non è necessaria una dettagliata descrizione dell’illecito disciplinare, essendo sufficiente un richiamo sintetico del fatto che fissa l’ambito della questione sulla quale il lavoratore può impostare la propria difesa. Generalmente la specificità della contestazione non richiede anche l’obbligo del datore di lavoro di indicare le norme legali o contrattuali violate; tuttavia, se l’addebito riguarda comportamenti omissivi del lavoratore, l’azienda deve specificare quale comportamento sarebbe stato tenuto ad adottare il dipendente.

Nella pronuncia qui in esame, i Giudici di legittimità tornano a ribadire che il requisito della specificità è integrato dalla idoneità della contestazione a consentire al lavoratore di apprestare una puntuale difesa. A tal fine si richiede che la contestazione quanto meno individui i fatti addebitati con sufficiente precisione, anche se in modo sintetico, di modo che non risulti incertezza circa l’ambito delle questioni sulle quali il lavoratore è chiamato a difendersi. In ossequio al principio dell’immutabilità dell’addebito, successivamente all’adozione del provvedimento disciplinare, infatti, è consentita solo la mera precisazione degli elementi di fatto non puntualmente indicati nella motivazione del provvedimento medesimo.

 

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