Il quesito affrontato dalla sentenza qui in commento riguarda il se le società per azioni a prevalente capitale pubblico costituite o partecipate dall'ente locale titolare del pubblico servizio - e di cui fanno parte anche soggetti privati, con quote azionarie di minoranza - siano esenti dall'obbligo del versamento dei contributi dovuti all'Inps afferenti sia all'integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, sia all'indennità di mobilità.
La questione verte in particolare sull’interpretazione dell’art. 3, comma 1, del D. Lgs. del Capo Provvisorio dello Stato del 12 agosto 1947, n. 869 (come sostituito dall’art. 4 della legge 12.7.1988, n. 270 e non abrogato nemmeno dal D. Lgs. N. 148/2015), il quale afferma che “sono escluse dall'applicazione delle norme sulla integrazione dei guadagni degli operai dell'industria: […] le imprese industriali degli enti pubblici, anche se municipalizzate, e dello Stato.”
Da tale norma discende, evidentemente, che le imprese industriali degli enti pubblici non devono dare applicazione all’art. 9 della L. 29/12/1990, n. 407 che impone, ai soli dipendenti delle aziende che possano beneficiare della Cassa integrazione, l’onere di finanziarla, tramite una decurtazione dello 0,3% della loro retribuzione, che il datore di lavoro deve versare mensilmente (in aggiunta alla quota a suo carico) alla competente gestione dell’INPS. La questione ruota dunque attorno all’interpretazione della locuzione “imprese industriali degli enti pubblici”.
In proposito, con la sentenza N. 24977/2019 la Suprema Corte ha ribadito il principio secondo cui le società a capitale misto e, in particolare, le società per azioni a prevalente capitale pubblico, aventi ad oggetto l’esercizio di attività industriali, sono tenute al pagamento dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità, non trovando applicazione l’esenzione stabilita per le imprese industriali degli enti pubblici.
Nel caso di specie, la Corte di appello di Torino aveva riconosciuto l’obbligo di una società (solo parzialmente) partecipata dal Comune di Torino di versare la contribuzione dovuta per cassa integrazione guadagni, ordinaria e straordinaria, oltre che per mobilità, ritenendo di non ricomprendere le società a capitale misto tra gli organismi aventi natura strumentale dell'ente locale per il perseguimento delle finalità pubbliche. Dal canto suo, la società impugnava la predetta sentenza invocando la sua natura di ente pubblico che avrebbe quindi avuto diritto a beneficiare dell'esenzione per la predetta contribuzione previdenziale.
La Suprema Corte – dando invero continuità a numerosi suoi precedenti (tra gli altri, cfr. Cass. 24.06.09 n. 14847, 10.03.10 n. 5816 e 13.05.13 n. 11417) – ha ritenuto che la società ricorrente non potesse identificarsi con "le imprese industriali degli enti pubblici" esonerate in quanto si trattava di una società solo parzialmente partecipata dal Comune e che dunque aveva una natura essenzialmente privata, finalizzata all'erogazione di servizi al pubblico in regime di concorrenza, nella quale l'amministrazione pubblica esercitava il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, dovendosi pertanto escludere, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, che la mera partecipazione - pur maggioritaria, ma non totalitaria - da parte dell'ente pubblico fosse idonea a determinare la natura dell'organismo attraverso cui la gestione del servizio pubblico viene attuata.
Tra l’altro, ha proseguito la Corte, in materia non è possibile invocare in senso contrario nemmeno il disposto di cui all'art. 10 del d.lgs. n. 148 del 2015, recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali, laddove prescrive che i correlati obblighi contributivi riguardano anche "le imprese industriali degli enti pubblici, salvo il caso in cui il capitale sia interamente di proprietà pubblica", in quanto detta norma non ha introdotto disposizioni innovative rispetto al passato, ma ha valenza meramente ricognitiva dell'esistente e di sistemazione della materia (nello stesso senso cfr. Cass. n. 11209 del 9.5.2018; Cass. n. 8591 del 3.4.2017).
Sulla base delle considerazioni di cui sopra, la Suprema Corte ha concluso che “le società partecipate a capitale misto non beneficiano dell'esonero dall'obbligo contributivo per la cassa integrazione straordinaria ed ordinaria di cui all'art. 3 del d.lgs. C.p.S. n. 869 del 1947, che resta riservato alle imprese industriali degli enti pubblici a partecipazione totalitaria”.
Archivio news