Con due recenti pronunzie della Cassazione si delinea una disciplina non omogenea in materia di indizione delle assemblee sindacali da parte del singolo componente della RSU, potere riconosciuto nel settore privato ed invece negato nel settore del pubblico impiego contrattualizzato.
Le sentenze (la sentenza n. 13978/2017 dell'11.4.2017 delle Sezioni Unite e la sentenza n. 3095/2018 del 9.11.2017 della Sezione Lavoro) hanno infatti affrontato la predetta questione pervenendo a risultati diversi.
Facciamo prima di tutto un piccolo passo indietro per ripercorrere in breve la disciplina in materia.
Come noto, in base all'art. 20 dello Statuto dei Lavoratori, le RSA, sia singolarmente che congiuntamente, possono indire assemblee sindacali nei luoghi di lavoro (retribuite nel limite di dieci ore annue), mentre l'art. 19 legittima la costituzione di RSA su iniziativa dei lavoratori nell'ambito di qualsiasi associazione sindacale che abbia firmato un contratto collettivo applicato nell'unità produttiva, di livello nazionale, provinciale o aziendale, o che abbia attivamente partecipato alle trattative per il contratto collettivo.
Il Protocollo di Intesa del 23.7.1993 e l'Accordo Interconfederale del 20.12.1993 (sottoscritti da Governo e parti sociali) ed il successivo Testo Unico della rappresentanza (Protocollo d'Intesa del 2013 e Accordo Interconfederale 10.1.2014) prevedono però, come diverso modello di rappresentanza, anche la possibilità di creare delle RSU (Rappresentanze Sindacali Unitarie), ovvero, come dice il nome, un'unica rappresentanza per tutti i sindacati in azienda.
Il potere di convocare l'assemblea dei lavoratori ex art. 20 dello Statuto è riconosciuto sia alle RSA che alle RSU (alle quali sono state trasferite funzioni e prerogative delle RSA per effetto degli accordi sopra citati).
Detto questo, in ragione dei particolari connotati delle RSU e delle loro modalità costitutive, sono sorte alcune questioni pratiche riguardo ai soggetti autorizzati alla convocazione delle assemblee di cui parliamo, ovvero se tale diritto possa essere esercitato direttamente dal singolo componente della RSU, o se debba invece essere esercitato solo dall'organismo unitariamente inteso.
Come anticipato, il quesito ha incontrato da parte della Cassazione due soluzioni diverse, a seconda che si tratti di lavoro privato o di impiego pubblico contrattualizzato.
Andando in ordine di tempo, sono intervenute prima le SS.UU. con la decisione n. 13978 del giugno 2017 e poi la Cass. Sez. Lavoro con la sentenza n. 3095/2018.
Il primo caso aveva preso origine da un procedimento per condotta antisindacale (art. 28 Statuto dei Lavoratori) per il rifiuto aziendale di accogliere la richiesta di assemblea retribuita. Dopo il rigetto da parte del Tribunale di Nola, anche la fase di opposizione si era chiusa con la conferma della decisione, sul presupposto che la richiesta fosse stata avanzata da una sola componente la RSU e non dall'organismo sindacale nella composizione unitaria.
La Corte d'Appello di Napoli aveva invece riformato la sentenza di primo grado ordinando alla società convenuta la cessazione della condotta antisindacale.
Approdata la vicenda innanzi alla Sezione Lavoro della Suprema Corte, quest'ultima aveva preso atto dell'esistenza in materia di un contrasto giurisprudenziale ed aveva quindi rimesso alle Sezione Unite.
L'orientamento di legittimità non era infatti univoco, poiché un primo orientamento (Cass. n. 2855 del 2002; Cass. n. 21909 del 2009), considerata la natura di organo collegiale delle RSU chiamate a deliberare a maggioranza, aveva escluso la possibilità per il singolo componente esercitare autonomamente il potere di indire l'assemblea, mentre un'altra sentenza (Cass. n. 1892/2005) aveva affermato che anche al singolo membro della RSU dovevano essere riconosciute non soltanto le prerogative già riconosciute ai dirigenti delle RSA, ma anche quelle proprie dell'intera RSA, quale appunto il diritto di indire l'assemblea sindacale ex art. 20 dello Statuto dei Lavoratori.
La tesi era stata condivisa dalla sentenza della Cassazione n. 15437 del 2014 (confermata anche da Cass. n. 17458/2014).
Ricordiamo che l'art. 4 dell'Accordo Interconfederale del 20 dicembre 1993 stabilisce che i componenti delle RSU subentrano ai dirigenti delle RSA nella titolarità dei diritti, permessi e libertà sindacali e tutele già loro spettanti per effetto delle disposizioni di cui al Titolo III della Legge n. 300/1970 e che il successivo art. 5 dispone che alle RSA e ai loro dirigenti subentrano le RSU nella titolarità dei poteri e nell'esercizio delle funzioni ad essi spettanti per effetto delle disposizioni di legge.
Per questa ragione l'orientamento indicato aveva confermato che sia alle RSU, collegialmente considerate, che a ciascun suo componente, dovessero riconoscersi le prerogative sindacali delle RSA, tra le quali diritto di indire l'assemblea sindacale.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ritenuto di condividere quest'ultimo indirizzo.
La Corte non condivide la tesi secondo cui legittimazioni concorrenti (delle RSU come organo collegiale e di ogni sua componente sindacale) colliderebbero con il principio democratico necessariamente maggioritario, riducendo la RSU ad una mera sommatoria di distinte rappresentanze.
Questo perché il principio di maggioranza deve essere applicato nel momento in cui si delibera e non nel momento in cui si esercitano diritti che non implicano decisioni vincolanti nei confronti degli altri.
Dunque, secondo le Sezioni Unite, il principio di maggioranza che governa le RSU non è incompatibile con il diritto di ciascun membro delle RSU di richiedere la convocazione dell'assemblea sindacale.
Decisione diversa (nel senso della legittimità del rifiuto di concedere la sala per l'assemblea) si è invece avuta con la sentenza della Cassazione n. 3095/2018.
Va detto che in questo caso erano contrapposti un sindacato degli infermieri ed una Azienda sanitaria pubblica.
La Corte ricorda come la normativa in materia (artt. 42 e 43 del d.lgs. 165/2001) sia speciale rispetto allo Statuto dei lavoratori, trattandosi di un sistema che garantisce una rappresentanza sindacale il più possibile pluralista, che si differenzia sotto diversi aspetti dalla disciplina dettata dalla legge e dalle parti collettive per il settore privato.
Si tratta - prosegue la Corte - di un sistema di fonti normative diverso, sicché non rileva nella fattispecie il principio di diritto affermato dalle SS.UU.
Interpretando queste fonti, nel pubblico impiego contrattualizzato, il diritto di indizione delle assemblee è stato riconosciuto esclusivamente alle RSU quale organismo elettivo unitariamente inteso (il quale assume ogni decisione secondo il proprio regolamento o in mancanza anche a maggioranza), e non ai singoli componenti della RSU.
Archivio news