La Corte di Cassazione, sentenza n. 32607 del 17.12.2018, ha stabilito che nell’ambito di un procedimento disciplinare, non possono considerarsi tardive le giustificazioni ricevute dal datore di lavoro oltre il termine di 5 giorni previsto dal CCNL applicabile al rapporto, laddove il lavoratore le abbia spedite prima della scadenza. Sulla base di questo principio la Suprema Corte ha conseguentemente dichiarato l’illegittimità del licenziamento irrogato al dipendente negando che questo avesse reso le sue giustificazioni.
La vicenda è importante perché affronta il tema del contraddittorio nel procedimento disciplinare a carico del lavoratore.
La Corte di Cassazione, nella sentenza in commento, spiega che il termine di cinque giorni dalla contestazione dell’addebito, prima della cui scadenza è preclusa, ai sensi dell’art. 7, comma 2, L. n. 300/1970, la possibilità di irrogazione della sanzione disciplinare è funzionale alle esigenze di tutela dell’incolpato, all’esercizio del suo diritto di difesa ed all’effettivo rispetto del contradditorio.
Secondo la Suprema Corte, l’esercizio di un potere disciplinare, implicando un rapporto di supremazia per cui il datore di lavoro può, con un suo atto unilaterale, determinare conseguenze negative nei confronti del lavoratore in ragione di un comportamento negligente o colpevole di quest’ultimo, deve rispondere al principio di proporzione ed alla regola del contraddittorio. Il principio di proporzione, spiega la Corte, implica che il potere disciplinare del datore di lavoro deve estrinsecarsi in modo coerente al fatto addebitato, con esclusione di automatismi sanzionatori che pretermettano la valutazione dell’addebito; mentre la regola del contraddittorio, implica, a sua volta, il coinvolgimento di chi versa nella situazione di soggezione e la facoltà di quest’ultimo di addurre, in tempi ragionevoli, giustificazioni a sua difesa, previo espletamento di un procedimento disciplinare che sia rispettoso della regola “auditur altera pars”.
L’art. 7, comma 2, L. n. 300/1970, come le disposizioni del CCNL, sono funzionali a consentire la piena rispondenza del giudizio disciplinare al principio del contraddittorio fra le parti e, quindi, alla piena realizzazione del diritto di difesa dell’incolpato. Da ciò consegue che la comprensione ingiustificata del diritto del lavoratore a difendersi si traduce nella soppressione di uno degli atti di cui la sequenza procedimentale è necessariamente composta e nella conseguente illegittimità dell’atto cui è preordinata la procedura disciplinare medesima.
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